Vite a cui sono stati portati via gli anni migliori, a cui è stato immediatamente sottratto il naturale disincanto; notti fredde, spesso solitarie, dove tutto si confonde in tinte scure e grigie, quelle incolori d’uno dei tanti quartieri popolari, cemento, asfalto, strade e marciapiedi che si susseguono, inframezzati da bolle di luce d’un surreale arancione; come sottofondo, il rumore delle macchine che corrono via lungo la strada.
Interminabili nottate passate a migliaia di chilometri da casa, lontane dai loro affetti, lontane da tutto ciò che un tempo era il loro mondo, lontane dagli occhi, lontane dal cuore, aspettando…aspettando che si fermi una macchina.
Un’automobile accosta per qualche secondo, solo una questione di prezzo, sempre quella, una dannata questione di prezzo da trattare, ciò che sempre più spesso regola molte delle nostre relazioni umane. Difficile ormai nasconderlo, per lo meno qui in questa ampia fetta di mondo governata dalle “leggi” del “libero” mercato. Qui si ripete fino allo sfinimento che tutto e tutti hanno un prezzo, qui ci sono persone a cui è stato tolto il diritto di essere padrone di se stesse e della propria vita. Al tempo stesso a molte altre non è mai stato insegnato a riconoscere il gusto assoluto che si prova conservando il senso della propria dignità, un’inesauribile risorsa che ancora oggi può ricordarci con forza che non tutto è comprabile, non tutto e tutti hanno un prezzo, ma che al contrario sono ancora molte più le cose che non si possono comprare, rispetto a quelle che hanno un cartellino attaccato sopra.
20 o 30 euro, il prezzo medio di “mercato” da pagare per compiere un tristissimo “atto meccanico”, qualcosa che dell’amore non ha nemmeno la più lontanissima apparenza.
Ci raccontano che a volte, in nottate come questa, si arrivi persino a 10 euro…per poter “possedere” per qualche minuto, una ragazza dell’Est, oppure l’esile corpo d’una ragazzina africana, i cui occhi sembrano davvero quelli d’un angelo malamente inciampato e caduto a terra.
Una ragazza rumena più grande, più tardi ci dice, “Visto quante ragazzine ci sono a giro? Da un anno ne sono arrivate tantissime, agli italiani piace andare con le bambine”.
Qualcuno potrebbe obbiettare: “In fondo è soltanto un dare e un ricevere in un libero scambio”, Certo… con la “trascurabile” differenza che al “cliente” pagante, solitamente maschio, bianco, cittadino comunitario europeo e adulto, viene sempre riservata la possibilità di scegliere come, quando e persino con chi “scaricare” i propri desideri sessuali, mentre a una ragazzina minorenne senza documenti non viene riservato nessun diritto; è solo una persona “invisibile” a cui nulla è permesso. Lei è solo “carne da macello” per le basse voglie di qualcuno, lei non può scegliere niente, deve solo acconsentire in silenzio, accettare che la sua giovanissima vita, giorno dopo giorno venga rubata e violentata, di modo che qualcuno si possa arricchire e al tempo stesso, qualcun altro senza porsi tanti se né tanti perché, possa ottenere la propria dose di insensato godimento materiale. In un contesto come quello che ci troviamo di fronte stanotte, poco importano i diritti umani, ancor meno le sofferenze e le violenze subite. Non fa certo la differenza sapere a quale schifo e miseria umana devono assistere ogni giorno queste giovanissime ragazze, per via di una delle più famose leggi di mercato, quella che recita, “il cliente ha sempre ragione….”
Molte di queste ragazzine, schiave senza voce nella nostra civilizzata “Patria”, in fondo possono solo sperare…sperare che un giorno, il più presto possibile, questa “vita non vita” finisca e si trasformi in qualcos’altro, anche solo d’un poco migliore.
Sono schiave, sì, moderne schiave, dal momento che molte di loro, nemmeno sedicenni, con l’inganno d’un buon lavoro e della prospettiva di vita migliore, talvolta persino vendute col consenso del padre, vengono portate via a migliaia per fare la vita di strada nel progredito Occidente, in una terra lontana, in questo caso la nostra. Obbligate a suon di botte e sevizie, minacciate di possibili ritorsioni sui familiari e sulle amiche, oppure instillando loro ancestrali paure, facendogli credere che rituali magici, qualora eseguiti, possano portare loro sofferenza, malattie, morte e persino la perdizione dell’anima.
La radice di questa moderna tratta delle schiave sta nel fatto che c’è molta “domanda” e di conseguenza in ogni buon mercato che si rispetti segue molta “offerta”.
I rapporti di forza sono questi, il cliente pagante sceglie il come, il dove, il chi e il quando, il protettore stabilisce il prezzo di cui tiene per sé la parte maggiore, la ragazzina a cui viene letteralmente rubata la vita mette il proprio corpo d’adolescente. Non può scegliere niente, fino a quando un giorno non verrà considerata troppo vecchia o malata per essere “commerciabile”.
Stanotte sulle strade di Firenze c’era un giovane angelo, malamente inciampato e poi caduto a terra, uno dei tanti che con occhi vivi raccontava e faceva intuire come possa essere la sua vita e quella di migliaia di altre ragazze obbligate a vendersi.
I suoi occhi a tratti si sono accesi di speranza e il volto spesso si è illuminato con un sorriso, quando parlando con un gruppo di volontari di un’associazione, le veniva spiegata la possibilità di lasciare la strada, di cambiare vita, cambiare città, avere un vero lavoro, una casa, persone che possano prendersi cura di lei, dei documenti.
I volontari sono quelli dell’Associazione “Papa Giovanni XXIII” che da anni cercano di recuperare la vita di ragazze che una vita propria non ce l’hanno più.
L’associazione Papa Giovanni XXIII può offrire molto a queste ragazze, se solo decidessero di lasciare la strada, ospitandole fino a quando non saranno totalmente autonome. Purtroppo ciò accade di rado, la paura che hanno dei loro aguzzini vince quasi sempre. E poi dietro c’è anche il racket, debiti inestinguibili da pagare alle organizzazioni criminali, sia italiane che estere che le hanno fatte arrivare qui. Molte di loro si sentono anche in colpa verso i genitori che le hanno spedite qui a fare fortuna, e a cui non raccontano certo che vita fanno. Se si ribellano ai loro aguzzini vengono picchiate e seviziate e quelle che riescono a scappare hanno sempre terrore che per ritorsione possano ammazzare sorelle, fratelli, madri.
La paura è tanta: “Adesso non posso venire, sono controllata” ci dice Isa in un buon inglese, “La prossima volta vengo con voi, adesso davvero non posso proprio, avviserebbero subito il mio boss… e poi le cose si metterebbero male”. In molti provano a convincerla, a rassicurarla, ma la paura è troppa.
Alessandro, un volontario dell’associazione, con un grande sorriso le chiede di fare almeno una promessa: “Dai, allora promettici che ci chiamerai quando ti sentirai pronta per fare questo passo, promettici che ci chiamerai, noi siamo qui … Se lo vuoi in meno di un’ora siamo da te e ti portiamo con noi, così cominci una nuova vita lontana da qui”. “Sì…. ve lo prometto” risponde.
Isa sostiene di avere 20 anni, ma a guardarla, si vede bene che è un’adolescente, forse poco più che sedicenne. Le piace molto la musica, cerca di far passare più velocemente che può le lunghissime nottate grazie ai suoi auricolari e alle tante canzoni che ascolta.
Isa ha una grande passione, sa cucinare molto bene e ha un grande sogno, poter concludere questa squallida vita di strada, poter tornare un giorno nella sua terra e aprire un localino dove fare ristorazione.
Alla fine della chiacchierata, insieme raggiungiamo le altre ragazze, quasi tutte coetanee e connazionali di Isa. Si parla ancora, stasera non c’è tanto movimento in giro. Emanuele prende il thermos dallo zaino; c’è tempo per condividere un tè caldo e dei biscotti.
Poi in cerchio prendendosi tutti per mano, un breve momento per salutarsi, alcune ragazze pregano sottovoce, altri volontari in silenzio fanno delle richieste a un Dio “interno” che non si vede, ma del quale in quel momento si sente fortissima la presenza. Nel silenzio generale Isa inizia a cantare, la voce dolcissima che si sente a notte fonda in una desolata strada di periferia. sembra quella d’un angelo. Ci viene concesso l’impagabile dono d’una canzone, scandita come fosse una sentita preghiera, recitata in tante lingue, un po’ in inglese, un po’ in lingua africana, un po’ in italiano, un po’ in spagnolo, un po’ nel profondo linguaggio del silenzio, quello universale che è di tutti.
Guardando queste ragazzine mentre sono insieme, poco più che bambine, lontane da casa, sottoposte a una non scelta, spesso a violenze quotidiane, a soprusi, al degrado, a una non vita, costrette ad assistere a molta miseria umana, quella di coloro che pagano per possederle fisicamente per qualche minuto, si coglie comunque tutta la loro profonda umanità nel modo che hanno di guardarsi, di parlarsi, di sorridersi, nel cercare di prendersi cura l’una dell’altra. Un’umanità che non si può raccontare, che si può solo cercare di cogliere nel sentirle cantare, nel guardarle negli occhi, nel vederle pregare e fare richieste dentro se stesse per avere una possibilità di condurre una vita diversa.
Si è fatto molto tardi, è il momento di congedarsi. Sebbene sia solo un arrivederci, gli occhi si fanno un po’ tristi, un abbraccio, un saluto, un grazie, uno sguardo da lontano, poi ognuna di loro riprende la sua postazione.
Serena, una delle volontarie che opera in strada da più di 30 anni, ci spiega che ci vorrebbe una grande campagna di sensibilizzazione nazionale su questo tema. Molti anni fa, mentre molti parlavano ancora del fenomeno della prostituzione come “mestiere più antico del mondo”, Don Oreste, fondatore dell’Associazione Papa Giovanni XXIII fu il primo ad affermare che queste ragazze in pratica non hanno nessuna scelta, né di fatto alternative e che a tutti gli effetti sono schiave. Serena ci racconta di come sarebbe necessaria una grande forza trasversale, capace di coinvolgere più realtà, provenienti da differenti estrazioni sociali, politiche e culturali, di modo da poter generare una presa generale di coscienza sulla questione. Di pari passo andrebbe portata avanti una legge nazionale, come d’altronde hanno già in Francia o nel Nord Europa, che in qualche modo generi una forma di responsabilità sia penale che amministrativa nei confronti del “cliente”, così da disincentivare direttamente alla fonte ciò che alimenta il mercato della prostituzione.
Un antico messaggio rivoluzionario diceva: “Nell’amore non c’è timore”. Colui che lo espresse si inimicò fin da subito sacerdoti e farisei, si dedicava agli ultimi e spiegava che il peccato non sta nell’atto d’amore in sé, bensì nella sua mercificazione, nel voler dare un prezzo ad ogni cosa, ad ogni relazione umana, ad ogni persona, idea o sentimento. Il peccato non sta certo dentro gli occhi o nel corpo d’una ragazzina che non arriva ad avere 18 anni, quanto nel costringere lei o una qualsiasi persona a fare qualcosa che non si vuol fare, oppure nel partecipare direttamente al meccanismo della mercificazione, nell’essere conniventi, complici e persino disponibili a pagare per dare mostra della propria miseria umana. E’ una miseria interiore senza fondo, che si manifesta appena si comincia a degradare un’altra persona, riducendola a semplice strumento di vuota soddisfazione personale, da regolare pagando, senza riconoscere in essa una sorella, una figlia, una madre, né una persona colma di un’umanità che di questi tempi, in molti hanno perduto.
A coloro che lo vogliano intendere, il messaggio, anche se a distanza di 2000 anni è molto chiaro, c’è bisogno di aiuto e di vere soluzioni, serve informazione, sensibilizzazione, presa di coscienza, una legge seria che tuteli le vittime che sono solo giovani ragazzine avviate alla prostituzione, che possa prevenire tutte le varie forme di sfruttamento, che punisca gli aguzzini, e che soprattutto possa anche dissuadere con una certa forza i “clienti” che in definitiva sono la causa della squallida “domanda” e della conseguente “offerta”, di certo non servono forme di repressione verso le giovani prostitute che sono la parte lesa e più debole di questo fenomeno in costante crescita.
Ci auguriamo perciò che fra qualche giorno, magari non avvenga che un qualche odierno “fariseo”ordini dei blitz per riportare “ordine e decenza” nelle pubbliche vie, così da salvare l’apparenza, ma non incidere affatto riguardo le vere cause di questo fenomeno di moderno schiavismo in continua crescita. Le ragazzine probabilmente sarebbero arrestate, verrebbero interrogate, riceverebbero un foglio di via e niente della loro penosa situazione migliorerebbe di una virgola. Come già successo altre volte, la settimana dopo i blitz di facciata, chi controlla le vite di queste ragazzine, in silenzio le sposterebbe in qualche altra sperduta strada o in un’altra città. In seguito altre coetanee di Isa prenderebbero il loro posto, i volontari con tantissimo impegno continuerebbero comunque a rimboccarsi le maniche, come fanno ormai da anni. Le istituzioni invece, ad Isa e alle sue compagne, continuerebbero a non offrire nessuna valida alternativa affinché queste giovanissime vittime possano realmente essere tutelate e venga offerta loro una possibilità di cambiare vita.
A proposito, tra poco sarà la “festa della donna”. Un mazzetto di mimose, un aperitivo, una cena con uscita serale, qualche bella frase fatta su social e sui giornali e intanto tra un’ipocrisia e l’altra il “mercato” va avanti.
“I pubblicani e le prostitute vi precederanno nel regno di Dio” disse Gesù ai sacerdoti e ai farisei che lo ascoltavano indignati nel tempio. Queste parole suonarono come una bruciante sferzata per i rappresentanti istituzionalizzati della voce del “Signore”. Sacerdoti e farisei, proprio loro che si consideravano ed erano ritenuti “puri”, sarebbero stati preceduti dai pubblici peccatori e dalle prostitute!
di Luca Cellini
Data 06.03.2017 – Fonte PRESSENZA